Milanese
classe 1959, laurea in Economia Politica all’Università Bocconi, lavora come
giornalista nella redazione di importanti testate motoristiche: prima
Quattroruote, poi Ruoteclassiche. Appassionato di science fiction, horror e
noir, inizia a pubblicare i suoi primi lavori negli anni ‘80.
Escono
poi parecchi racconti su varie testate e arriva ad un primo grande traguardo
con la saga dei “+Toon” pubblicata su Urania. Ma il vero “botto” arriva con il
racconto Cardanica, pubblicato in ebook dalla 40k, e tradotto in inglese viene
acclamato dai lettori in Usa.
A
questo punto seguono altri 3 racconti ambientati nello stesso universo di
Mondo9 e quindi uniti in un “fix-up”, vengono pubblicati in cartaceo e in un
unico libro (di cui trovate la recensione entusiastica di Fabio).
Ora
sta uscendo il secondo blocco di racconti che verranno riuniti nel seguito del
primo libro. Il successo è già tale da essere tradotto persino in giappone!
Bene,
dopo una lunga ma doverosa introduzione veniamo a noi.
F&C:
Ciao Dario e grazie per il tempo che ci stai dedicando. La prima domanda viene
spontanea:
come
ti è arrivata l’ispirazione per Mondo9?
Ciao e grazie a voi per l’ospitalità!
L’idea originaria era quella di costruire una storia su una sorta di
“astronave” ante litteram, a bordo
della quale tutto scimmiottasse le funzioni di un veicolo ultratecnologico, pur
trovandoci su una carretta delle sabbie. La mia “Robredo” di rude metallo
arrugginito avrebbe potuto benissimo essere di legno, e all’inizio pensai
proprio che potesse essere così…
F&C:
come lavori quando scrivi? Organizzato o caotico?
Un caos sotto controllo: niente
scalette, pochi appunti disordinati, un’idea vaga del prosieguo della storia…
F&C:
un’opera di fantascienza che tutti gli aspiranti scrittori di questo genere
dovrebbero leggere? (oltre al prontuario di Forte^_^?)
Ci sono tanti libri che ho adorato; il
mio augurio per tutti gli “aspiranti scrittori” (ma che brutta definizione!) è
che incontrino presto il romanzo o l’antologia capace di scuoterli in
profondità e di animare il loro fuoco. Tutto sarà più facile da allora. Quanto
a me, tre titoli su tutti: “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury, “Dune” di Frank
Herbert e “La strada” di Cormac McCarthy… Manuali e prontuari? Utili, ma la
formazione vera sta altrove. Leggendo. E battendo sulla tastiera.
F&C:
come mai hai scelto lo steampunk? (non mi convincono molto le distinzioni
letterarie di genere).
Detesto anch’io le etichette, l’unica
“ricetta” in cui sento profondamente di riconoscermi è l’ibridazione, la
contaminazione, il crossover tra generi attigui. Lo steampunk? Estetica, ma
anche un’approssimazione tutto sommato accettabile per un romanzo “fix-up” in
realtà a cavallo di diversi generi: fantascienza, horror, weird, persino
fantasy.
F&C:
Infezioni e morbi che portano l’uomo a diventare una macchina: ci spieghi in
modo più approfondito quest’idea?
Quello della contaminazione è un
concetto che declino spesso anche nei miei plot, un mio vecchio pallino: uomo/macchina,
uomo/cartoon, carne/metallo, creatura biologica/essere artificiale... Alla base
c’è quasi sempre un arricchimento, mai una perdita; questo “accrescimento”,
alla prova dei fatti, viene però vissuto dai personaggi in modo molto “umano”: come
un ridimensionamento insopportabile, una limitazione alla loro identità
originaria, un rimanere a mezza strada. E quindi in modo tormentato e doloroso.
Da qui, la cupezza di quasi tutte le mie opere.
F&C: come ci si
sente, non solo ad essere uno scrittore di successo, ma un “creatore di
mondi”??^_^
Penso spesso che non
sia tanto la storia a darti la gioia della creazione, quanto i personaggi che
la popolano. Creare un protagonista – ma lo stesso potrei dire di un… mondo –
che sia in grado di aprirsi un varco nel cuore dei lettori è quanto di meglio
possa fare uno scrittore. Se riesci in quest’impresa, puoi dire di avere svolto
davvero il tuo compito al meglio, indipendentemente da tutto il resto. Quando creai
il personaggio di Gregorius Moffa ne “L’algoritmo bianco” (Urania 1544, 2009), molti
lettori mi scrissero che avrebbero voluto leggere altro con quel protagonista e
che un po’ di lui se lo sentivano dentro. Ebbene, provai una sensazione che non
mi era capitato di avvertire neppure dopo storie riuscite e apprezzate.